Cultura leggera, Feuilleton

Con le tartarughe si fanno i pettini -19 di Clementina Coppini

Impiegai mesi a eliminare le scorie, e a strappare le radici ai parassiti che volevano attecchire intorno a me. Ma in quel momento, a funerale appena finito, avevo solo un dispiacere, tanti ricordi pesanti e un desiderio che si affacciava potente come la poesia di Edgar Lee Masters.

Volevo iniziare una nuova vita da studente, volevo studiare i classici.

Avrei potuto cambiare prima, ma mi sentivo legato al mio passato infelice e non avevo ancora immaginato che fosse possibile dargli una svolta. Ora che avevo seppellito il padre scomodo e violento mi sentivo libero di fare quello che volevo. Era stupido, ma era così.

Per me desiderio e volontà hanno quasi sempre coinciso. L’economia, la materia che con noia studiavo, mi era zero confacente e lo sapevo da tanto. Desideravo altro e fu un sollievo quando lo ammisi con me stesso, mentre tornavo a casa quel giorno. Così cambiai strada. Forse una strada all’indietro, ma non mi importava. Non era un tornare sui miei passi, erano passi nuovi.

Mi iscrissi a lettere classiche. Poter studiare finalmente qualcosa di decente mi faceva pesare meno il fatto di dover andare a lavorare all’alba, di dover mettere a posto gli scaffali al supermercato. Ora avrei potuto andare in biblioteca nel pomeriggio e studiare con mente fresca cose vecchie di migliaia di anni. Avrei potuto farlo anche prima, in verità, ma la mente umana non sa di essere libera finché non lo diventa. Un processo, la liberazione interiore, che non ho mai capito e la cui comprensione non credo proprio sia alla mia portata. Perché per esempio avevo odiato per tutta l’infanzia mettere a posto gli scaffali e poi per sbarcare il lunario avevo scelto proprio quel lavoro? Anche sbarcare il lunario è un’espressione che non ho mai capito. Però a me piaceva alzarmi all’alba e sistemare le corsie. Questo impiego ripetitivo aveva dato continuità alla mia vita, e ordine. Perché cercare di essere normali è un lavoro, per chi è nato come un dono di Dio sbagliato.

Mi ero trovato un avvocato, Fausto, che mi aiutava a dirimere tutti i pasticci combinati da mio padre, che anche da morto aveva trovato un modo per complicarmi la vita.

Segue…

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